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mercoledì 12 dicembre 2012

Myers e la Cimberio

da La Provincia di Varese del 12/12/2012

Il grande Myers: "Varese, mi piaci".

Carlton Myers, e dove eravamo rimasti? Uno dei giocatori simbolo della nostra pallacanestro, capace di lasciare il segno sui meravigliosi anni novanta e di dividere le folle: amato, oppure odiato. Allergico alle vie di mezzo e incapace di fingersi diverso da quello che è sempre stato, campione assoluto e personaggio. Lui, che a Varese è sempre venuto solo da avversario e che con Varese ha sempre vissuto conflitti e guerre. Lui, che domenica parteciperà all’All Star Game di Biella, invitato alla gara del tiro da tre punti: e sarà in campo con la maglia della Cimberio. La Cimberio in questione è quella della squadra di San Patrignano, la comunità di recupero per tossicodipendenti fondata da Vincenzo Muccioli: Cimberio è lo sponsor di tutte le attività sportive che si tengono in comunità, Myers ha chiuso la carriera vestendo proprio la maglia di San Patrignano. .
Quanto è importante lo sport a San Patrignano?
Lo sport è importante a Sanpa, ma è importante anche fuori: in tutti i contesti, in ogni situazione. Penso, per esempio, alla mia storia e al mio passato: e penso a quanto sia stato importante lo sport, per me.
Perché?
A un certo punto della mia vita sono arrivato a un bivio, lo sport mi ha fatto prendere la strada giusta e mi ha permesso di continuare a vivere in un certo modo. Ad altri miei coetanei, ad alcuni compagni, ad alcuni amici è andata diversamente. Purtroppo.
All’interno del processo di recupero in comunità, perché si fa sport?
Perché lo sport ti insegna a interagire con gli altri nel modo giusto, ti inserisce in una squadra e ti porta a lottare con i tuoi compagni per un fine comune, ti abitua a raggiungere un risultato e ti inserisce in una sana competizione. E’ terapeutico, e per questi ragazzi ha un ruolo fondamentale: al pari di tante altre cose che si fanno a San Patrignano.
Parliamo un po’ di basket?
Volentieri.
Di Cimberio in Cimberio: ha avuto modo di vedere Varese?
Ho visto in tv la partita con Sassari, ed ero a Roma due domeniche fa: sì, l’ho vista.
E?
E non dico nulla di nuovo, se dico che la squadra di Vitucci sta giocando un basket bellissimo: divertente, spettacolare. E la cosa bella è un’altra: abbiamo visto tante squadre giocare bene ma poi perdere. Varese dà spettacolo, diverte, e riesce anche a vincere: è il massimo. Ma questo, ripeto, lo dicono tutti.
Dica qualcosa di nuovo, allora.
Uscito dal palazzetto di Roma, mi sono sorpreso a fare un ragionamento. Da tanto, tantissimo tempo non vedevo degli americani così intelligenti dal punto di vista cestistico: parlo di quattro americani di Varese, e di due che giocano a Roma.
Spieghi.
Questi americani hanno capito che bisogna giocare insieme. Purtroppo molti loro connazionali ci hanno abituato diversamente, giocando per loro stessi prima che per la squadra: segnare più punti, fare più assist, indipendentemente dal risultato finale. 
In cosa gli americani che ha visto a Roma sono diversi?
Hanno capito. Hanno messo da parte il loro ego e, pur essendo giocatori individualmente molto forti, hanno anteposto il bene della squadra al loro ego. E questo è molto importante, per tutti.
Per chi, ad esempio?
Per gli italiani, per i loro compagni di squadra che si sentono parte di un gruppo e come un gruppo possono crescere. Oggi più che mai le società devono capire che è sbagliato mettersi ciecamente nelle mani dei procuratori, perché è troppo importante scegliere attentamente i giocatori americani che si vanno a prendere. Valutando ogni caratteristica e tutte le variabili.
Verrà a vedere la Cimberio, anche a Varese?
Mi piacerebbe, e per quanto mi riguarda non nutro nessun rancore nei confronti del pubblico di Varese. Anche se è chiaro che se dovessi venire, sarà difficile pensare che nessuno mi apostrofi o mi dica qualcosa. Però, ripeto, mi piacerebbe moltissimo riuscire a venire a Masnago, per vedere una partita serenamente.
La prendiamo come una promessa?
Facciamo che ci penso. Magari vengo a vedere Varese-Virtus Bologna, così risolviamo il problema: almeno, le sento una volta sola. 
 
Francesco Caielli